Nell’ambito della nostra costante attenzione verso il territorio e le sue espressioni culturali più autentiche, KreaNews ha intervistato Angelo Greco, autore del progetto fotografico “Macerie di un sogno infranto”, in mostra dal 27 giugno presso AreaLab35, al Centro Direzionale di Napoli. Un racconto visivo che attraversa Licola, Cuma e Castel Volturno, tre territori segnati dall’abbandono ma anche da una bellezza resistente. Di seguito l’intervista completa.
Come nasce il progetto “Macerie di un Sogno Infranto” e cosa l’ha spinta a raccontare proprio questi luoghi?
«Il progetto prende vita a Licola, dove mi sono spesso recato per fatti di cronaca durante il mio lavoro di fotoreporter per alcune testate locali. Questa professione mi ha aperto gli occhi su una storia che andava raccontata. Così, dieci anni fa, esponevo a Palazzo Migliaresi a Pozzuoli “Licola il Sogno Infranto”. Con il tempo ho sentito di avere un debito da saldare con quelle foto, e negli ultimi anni ho capito che il modo per ridare luce e lustro a quel lavoro era espanderlo. Nasce così “Macerie di un Sogno Infranto”.»
Licola, Cuma e Castel Volturno: cosa accomuna davvero questi tre territori, secondo lei?
«Questi luoghi sono accomunati dalla bellezza violentata dalla mano dell’uomo, che ha infranto sogni e speranze. Licola Mare era il classico luogo di villeggiatura degli anni cinquanta e sessanta, figlio dell’Italia del boom. In seguito fu deciso di requisire le strutture turistiche e le seconde case per ospitare prima alcuni sfollati del Rione Terra nel ’70, poi i terremotati dell’80 e della crisi bradisismica dell‘83/85, trasformando questo pezzo di terra tra Pozzuoli e Giugliano in un enorme centro di accoglienza. Cuma dovrebbe rappresentare la culla della civiltà occidentale, ma è stata stuprata da un depuratore che per decenni ha vomitato veleno in libertà, quasi precludendo l’accesso dei luoghi all’uomo. Su Castel Volturno si potrebbero scrivere interi libri: abusivismo, inquinamento e incuria hanno ridotto vaste parti della città a uno spaccato di terzo mondo in Campania.»
Nelle sue immagini c’è sì denuncia, ma anche poesia e umanità. Come ha cercato di equilibrare questi aspetti nel racconto visivo?
«Ove mai sia riuscito ad equilibrare questi aspetti, il merito è della magia di questi luoghi. Anche senza macchina fotografica, guardandoli, percepisco una vita che non vuole arrendersi, che prova ad emergere con una dirompente delicatezza. La bellezza che affiora è un segnale di vita che non può e non deve essere ignorato.»
C’è uno scatto della mostra che per lei ha un significato particolare? Se sì, quale e perché?
«Sicuramente lo “scatto 0”, il primo che ha dato il via a tutto: la bambola che sembra urlare la propria disperazione davanti allo scenario apocalittico di Licola. È uno scatto che forse racconta il motivo stesso per cui questo lavoro esiste.»
Quanto tempo ha dedicato alla realizzazione di questo lavoro? E com’è cambiata la sua percezione di questi luoghi nel tempo?
«Il lavoro è iniziato dieci anni fa, ma sarebbe improprio dire che ho impiegato dieci anni per portarlo a termine. Ho dedicato gli anni successivi al Covid per completarlo. In realtà, la mia visione e il mio rapporto con questi luoghi non è cambiato, si è solo rafforzato quel sentimento che mi lega a loro e che si amplifica sempre di più.»
Quanto è importante oggi, secondo lei, usare la fotografia come strumento di memoria civile e resistenza culturale?
«In un mondo bombardato da immagini, la fotografia può e deve fare la differenza. Creare un’immagine partendo dalla realtà è un atto rivoluzionario, un invito a guardarci attorno e reinterpretare il mondo per provare a cambiarlo. Cinquant’anni fa c’era chi diceva che la rivoluzione dovrebbe ripartire dalla bellezza, perché “la bellezza è importante”.»
Ha incontrato ostacoli, difficoltà o resistenze durante il suo percorso fotografico in questi territori?
«Sinceramente no, a parte qualche sguardo indiscreto. Nulla che abbia lasciato il segno.»
Com’è stata accolta finora la mostra e che tipo di reazioni ha suscitato nel pubblico?
«Non essendo ancora stata esposta, è stata vista da pochissime persone. Ma ho molto apprezzato la reazione della scrittrice Matilde Iaccarino, che ha voluto dare vita a tre piccoli racconti dedicati alle tre sezioni del mio lavoro. Racconti che, a mio parere, colgono perfettamente il senso delle immagini. Ho apprezzato anche come l’attrice e regista teatrale Roberta Principe li ha interpretati nella lettura. Gli audio saranno scaricabili attraverso tre QR code presenti all’esposizione.»
C’è un messaggio o un invito che spera arrivi in modo chiaro a chi guarda queste immagini?
«Più che un messaggio, spero che questo lavoro possa essere uno spunto di riflessione su come la bellezza esista in ogni angolo e sia nostro dovere cercarla e darle dignità.»

Ha già in mente altri progetti simili o futuri sviluppi di “Macerie di un Sogno Infranto”?
«Sto lavorando ad altri progetti che dovrebbero vedere la luce nella loro interezza la prossima primavera. Saranno lavori diversi, ma sempre volti a raccontare storie che ci passano accanto e spesso ignoriamo. Per “Macerie di un Sogno Infranto” non so ancora bene quale sarà il futuro. Magari un libro, o altro. Vedremo.»
La mostra è visitabile dal 27 giugno al 4 luglio presso AreaLab35, Via Giovanni Porzio 4 – Centro Direzionale di Napoli.
Contatti: www.angelogrecophoto.com – IG: @angelogrecofoto