Società e Consumatori

Il Potere dei Legami Sociali

Dalle antiche tattiche di sopravvivenza al benessere mentale, il legame umano è essenziale per la nostra salute fisica e mentale. Gli atti di gentilezza quotidiana e le connessioni sociali non solo migliorano il nostro umore, ma hanno anche un impatto tangibile sul nostro benessere generale. Tuttavia, i giorni in cui ci si rivolgeva ai vicini per una tazza di zucchero sembrano ormai appartenere al passato. In un’epoca dominata dalla tecnologia e dalle app che risolvono i problemi quotidiani, come chiamare un taxi o assumere un dog-sitter, si rischia di sacrificare l’interazione umana, riducendo le opportunità di gentilezza e reciprocità.

Studi recenti confermano che la dimensione delle reti di contatti sociali, soprattutto negli Stati Uniti, si è ridotta durante la pandemia, e il tempo dedicato alla socializzazione è diminuito costantemente tra il 2003 e il 2020. Un’indagine del Survey Center on American Life del 2021 ha evidenziato come solo il 16% degli intervistati si rivolgerebbe prima a un amico per risolvere un problema personale, rispetto al 26% nel 1990. Questo cambiamento è in parte dovuto alla disponibilità di soluzioni tecnologiche immediate, ma comporta un costo emotivo: la mancanza di interazioni umane genuine può aggravare le sensazioni di solitudine e isolamento.

Gli esseri umani sono stati programmati per vivere e cooperare in comunità fin dai tempi preistorici. Più di 3,5 milioni di anni fa, i nostri antenati, le australopitecine, hanno iniziato a vivere in gruppi per sopravvivere in ambienti ostili, sviluppando abilità di cooperazione che non solo aumentavano le loro possibilità di sopravvivenza, ma contribuivano anche alla creazione di un tessuto sociale. In questi gruppi, la collaborazione andava oltre i legami familiari, includendo anche chi non era biologicamente imparentato. La capacità di collaborare ha permesso di sviluppare strategie di caccia, difesa e protezione delle comunità, gettando le basi per le società moderne.

Una delle aree più interessanti dell’evoluzione umana riguarda il processo di parto. Con l’evoluzione verso il bipedismo, il parto è diventato più difficile, e questo ha incentivato le madri ad aiutarsi reciprocamente durante questo momento critico. Lesley Newson, biologa evoluzionista, sostiene che la cooperazione durante il parto abbia probabilmente contribuito alla formazione di legami sociali più forti. Anche Sarah Hrdy, antropologa evoluzionista, ha studiato come la crescita dei bambini nelle comunità preistoriche fosse il risultato di un “allevamento cooperativo”, un fenomeno unico tra gli esseri umani che ha permesso una condivisione delle responsabilità legate all’educazione dei figli, creando una rete di sostegno sociale allargata. Questi comportamenti, uniti all’apprendimento sociale, hanno rafforzato la capacità dell’essere umano di cooperare su larga scala, differenziandolo dalle altre specie.

Oggi, questa storia di cooperazione si riflette nel nostro modo di gestire le relazioni sociali. Il rifiuto sociale e l’isolamento sono fonte di dolore perché attivano gli stessi circuiti cerebrali del dolore fisico. In un esperimento condotto sui partecipanti che giocavano con una palla virtuale, coloro che venivano esclusi dal gioco hanno riportato sensazioni di dolore fisico, a dimostrazione di quanto sia profondo l’impatto dell’esclusione sociale sul nostro cervello. Questo ci spinge a cercare la compagnia degli altri e a riparare relazioni danneggiate, evidenziando il legame tra la cooperazione sociale e il benessere mentale.

Le ricerche dimostrano che la nostra salute mentale è strettamente collegata alla percezione di avere una rete sociale di supporto, anche se non ne facciamo uso diretto. Semplicemente sapere di poter contare su qualcuno riduce lo stress e migliora la capacità di affrontare situazioni difficili. Razia Sahi, ricercatrice dell’Università di Princeton, ha dimostrato come il supporto emotivo possa rendere meno intenso il dolore fisico e mentale, e quanto tenere la mano di un partner in momenti difficili possa diminuire la percezione del dolore. Questi effetti non riguardano solo l’aspetto mentale, ma hanno risvolti concreti anche sulla nostra salute fisica.

Studi sulla longevità mostrano che le comunità coese vivono più a lungo. Nelle zone blu – aree dove le persone raggiungono frequentemente i 90 o 100 anni – come Okinawa, in Giappone, la connessione sociale è un elemento centrale del loro stile di vita. Qui, gruppi affiatati chiamati moai si formano per sostenersi a vicenda, offrendo una rete di sicurezza non solo finanziaria ma anche emotiva. Questo supporto reciproco rafforza la fiducia e riduce lo stress, favorendo uno stile di vita sano e prolungato. Come spiega Christal Burnette, membro di un moai, questo tipo di struttura sociale rende molto più semplice chiedere aiuto, poiché i membri del gruppo si sentono felici di sostenersi l’un l’altro.

Tuttavia, chiedere aiuto può essere difficile. Vanessa Bohns, psicologa sociale della Cornell University, sostiene che molte persone evitano di chiedere aiuto per paura di mettere a rischio le relazioni personali. Ma la sua ricerca mostra che coloro a cui viene chiesto un favore sono generalmente felici di poter aiutare, poiché ciò fornisce loro un senso di scopo e connessione. Secondo Xuan Zhao, questo bisogno di aiutare è radicato nel desiderio umano di trovare significato nelle relazioni sociali. Gli studi dimostrano che le persone tendono a sottovalutare il desiderio degli altri di fornire assistenza, quando in realtà l’atto di aiutare rafforza i legami e crea una cascata di benessere reciproco.

Tirando le somme, nonostante la crescente dipendenza dalla tecnologia per risolvere problemi quotidiani, il contatto umano e l’aiuto reciproco rimangono fondamentali per la nostra salute e felicità. Recuperare la capacità di chiedere e offrire aiuto, di cooperare e di coltivare relazioni autentiche può fare la differenza non solo nella qualità della nostra vita, ma anche nella sua durata.

Marta Pennacchio

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