Primo PianoSocietà e Consumatori

Un tuffo nel mondo dell’assistente sociale, il saper essere e il saper fare.

Il concetto di pensiero è definito come: “Attività psichica mediante la quale l’uomo acquista coscienza di sé e della realtà che egli considera come esterna a sé1

Se scomponiamo la definizione di pensiero, possiamo suddividerla in tre parole chiavi: attività psichica, coscienza di sé e della realtà e infine il concetto di “considera”. Queste parole, vedono come unico protagonista; l’uomo, ovvero colui che ha capacità di pensiero, d’intendere e di volere. L’individuo fin dalla nascita é portatore di conoscenza che con lo sviluppo umano cresce sempre di più, inoltre assume nel corso della sua vita funzioni/attività psichiche, definite come: l’insieme di attività del sistema nervoso centrale che si svolgono in grand parte alla luce della coscienza. Esse servono alla percezione ed al riconoscimento degli stimoli provenienti dall’ambiente esterno, all’ immagazzinamento sotto forma di ricordi di molte delle sensazioni così originati, allo svolgimento del pensiero o ideazione sulla base specialmente delle sensazioni presenti e passate, alle manifestazioni affettività anche in relazione a quelle istintive ed alla formazione degli impulsi della volontà2.” Come si evince dalla definizione di funzioni psichiche esse fanno riferimento ad ogni attività mentale e processi cognitivi che si verificano nella mente dell’uomo. Una funzione importante che rientra nel campo delle funzioni psichiche é la cosiddetta coscienza, ovvero la capacità dell’individuo a porre riflessioni e dialoghi interiori. L’uomo in questo caso pone in essere delle riflessioni su di sé e sul mondo esterno che lo circonda al fine di essere più consapevole di sé e della realtà, un connubio che si crea tra uomo – ambiente, ambiente – uomo, ove diverse realtà si incontrano al fine di dare risposte ad un qualcosa che per l’uomo è sempre stato ignoto. Codesta funzione psichica include un aspetto fondamentale per l’uomo, ovvero la consapevolezza dei propri pensieri, emozioni, sensazioni e delle esperienze esterne. Parallelamente alla coscienza, si apre uno scenario di valutazione che l’individuo pone quando si trova a riflettere su determinate situazioni andando a considerare diversi fattori che possono influire sul suo pensiero; ad esempio: fattori familiari, ambientali, sociali ed economici e via dicendo. L’individuo quindi si trova in un clima di disagio che io voglio chiamarlo: “squilibrio interiore” nel quale la sua capacità di pensiero lo porta ad avere diversi scenari riflessivi con diverse conseguenze a carico, e di conseguenza deve saper gestire al meglio i suoi pensieri, emozioni e infine deve saper al meglio autoregolarsi all’interno del sistema uomo – ambiente e viceversa. L’autoregolazione avviene attraverso un processo cognitivo chiamato riflessività. Il pensiero spesso precede l’agire dell’individuo. Prima di compiere un’azione, solitamente si verifica un processo di pensiero che coinvolge la valutazione, la pianificazione e la decisione. Il legame che si viene a creare tra il pensiero e azione è centrale nella comprensione e conoscenza del comportamento umano. Il concetto di pensiero si è detto precedentemente che rientra all’interno delle funzioni psichiche dell’uomo, nella fattispecie si è andato a capire meglio il concetto di coscienza, ovvero la capacità dell’individuo a riflettere su determinate situazioni. Il pensiero oltre a contenere a sé la coscienza, come “tappa” intermedia del processo vi è l’azione cognitiva del riflettere.

La parola riflettere proviene dal lontano latino “reflectěre3che vuol dire: “Ripiegare, volgere indietro4, se facessimo una breve ricerca su internet del termine “riflettere” è andassimo sulla Treccani, vediamo come il termine assume diversi significati in diversi ambiti, ma quello più inerente al fine di capire cosa vuol dire riflettere e quello relativo all’ambito linguistico. Nell’ambito linguistico la parola si connota all’interno della mente umana, come quel processo cognitivo che permette di “rivolgere la mente su un oggetto del pensiero quindi, considerare con attenzione, ripesando e meditando5. Da questa definizione emerge un’idea di riflessività molto complessa, infatti ciascun individuo è costantemente sottoposto, più o meno consciamente, nella vita quotidiana a momenti di riflessione. La riflessività la si utilizza in ogni momento del giorno; pensiamo solo quando decidiamo cosa fare il sabato sera con gli amici, oppure quando dobbiamo decidere cosa mangiare a pranzo infine quando dobbiamo comprare qualcosa. Tutte queste attività mentali innescano nell’ individuo processi riflessivi da compiere e da valutare. Come si evince i processi riflessivi rispecchiano l’attività cognitiva in cui una persona pondera, valuta e analizza le proprie esperienze, pensieri e emozioni. Ponderare, valutare e analizzare attivano nella persona la consapevolezza critica di sé e della realtà che li circonda.

Anche qui gioca un ruolo fondamentale l’ambiente in cui l’uomo è immerso, infatti la riflessività come il pensiero deve fare i conti con l’evoluzione sistemica del sistema ambiente – individuo e viceversa, andando a sviluppare un processo di autoregolazione intra psichico. L’auto regolazione fa suo la capacità di un individuo di gestire e controllare consapevolmente il proprio comportamento, emozioni e pensieri. Questo processo permette all’uomo di sentirsi a suo agio all’interno del sistema ambiente e di codificare tutti gli stimoli provenienti da esso e da sé. Ritornando al concetto di riflessività possiamo dire che le parole: riflessività, autoregolazione e sistema ambiente – individuo li troviamo anche in una categoria lavorativa ben precisa, il ruolo dell’assistente sociale. L’assistente sociale ricopre un ruolo cruciale nel contesto delle politiche sociali e del welfare, fungendo da ponte tra le istituzioni e le persone in difficoltà. Questo ruolo richiede competenze tecniche e professionali

, ma anche qualità umane e relazionali. La riflessività dell’assistente sociale vede protagonista il saper fare e il saper essere. Il “saper fare” dell’assistente sociale si manifesta attraverso diverse competenze tecniche e professionali. Innanzitutto, è fondamentale avere una profonda conoscenza delle leggi e delle normative che regolano il settore sociale, poiché questo permette di offrire consulenze precise e aggiornate e di orientare gli utenti verso le risorse e i servizi disponibili. La capacità di effettuare una valutazione accurata delle situazioni individuali e familiari è un’altra competenza essenziale, che richiede una formazione specifica e l’uso di strumenti metodologici adeguati per raccogliere e analizzare dati, identificare i bisogni e pianificare interventi mirati. Inoltre, l’assistente sociale deve essere in grado di progettare, implementare e monitorare interventi sociali, il che include la pianificazione di progetti, la gestione delle risorse, la collaborazione con altri professionisti e la valutazione dell’efficacia degli interventi. Infine, spesso l’assistente sociale deve mediare tra diverse parti, come utenti, famiglie, istituzioni e altri professionisti; abilità di negoziazione e mediazione sono quindi indispensabili per risolvere conflitti, facilitare accordi e promuovere la cooperazione. Accanto a queste competenze tecniche, il “saper essere” dell’assistente sociale si esprime attraverso qualità umane e relazionali fondamentali. L’empatia, ovvero la capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri, è vitale, poiché permette di creare un rapporto di fiducia con gli utenti, indispensabile per un efficace intervento sociale. L’ascolto attivo, che implica la capacità di prestare attenzione, comprendere e rispondere in modo adeguato ai bisogni e alle preoccupazioni degli utenti, richiede un coinvolgimento attento e rispettoso. Il rispetto e l’assenza di giudizio sono altre qualità essenziali; l’assistente sociale deve approcciarsi agli utenti senza pregiudizi, rispettando la loro dignità e unicità, facilitando così l’instaurarsi di un rapporto positivo e collaborativo. Inoltre, la resilienza e la capacità di gestire lo stress sono cruciali per affrontare le situazioni emotivamente impegnative e continuare a offrire un supporto efficace. La vera efficacia dell’assistente sociale emerge quando il “saper fare” e il “saper essere” si integrano in modo armonioso. Le competenze tecniche, pur essendo fondamentali, non possono prescindere dalle qualità umane e relazionali che permettono di creare un legame autentico con gli utenti. Solo attraverso questa sinergia, l’assistente sociale può svolgere efficacemente il suo ruolo, promuovendo il benessere individuale e collettivo. Essere un assistente sociale significa essere un professionista competente, ma anche una persona capace di empatia, ascolto e rispetto. Questa dualità di competenze tecniche e qualità umane rende la professione complessa e al contempo straordinariamente importante. L’assistente sociale, grazie al suo “saper fare” e “saper essere”, rappresenta una risorsa insostituibile per la società, contribuendo a costruire una comunità più giusta e solidale.

Dott.Pagano Nikolai Salvatore


1 Treccani.it
2 LE FUNZIONI PSICHICHE, Università di Roma3, in collaborazione con la Dott.ssa Todaro. Ws Educational center.it
3 Treccani.it
4 Treccani.it
5 Treccani.it

Related posts

Maramureș: Riscoprire Casa con gli Occhi di un Viaggiatore

Redazione

L’amor proprio

Redazione

L’inflazione inarrestabile: Quando i prezzi salgono e non tornano indietro

Redazione