Due giorni fa, il 19 luglio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia (CIJ) ha emesso un parere consultivo dichiarando che gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati, inclusi Cisgiordania e Gerusalemme Est, sono illegali secondo il diritto internazionale. La corte ha affermato che questi insediamenti violano la Quarta Convenzione di Ginevra e costituiscono una de facto annessione di terre palestinesi.
La CIJ ha sottolineato che Israele deve porre fine alla sua occupazione di questi territori, fermare tutte le attività di insediamento, evacuare i coloni e fare riparazioni per i danni causati. La sentenza ha inoltre invitato tutti gli stati e le organizzazioni internazionali a non riconoscere né supportare la presenza di Israele in questi territori.
Questa decisione ha generato reazioni contrastanti. I rappresentanti palestinesi e le organizzazioni per i diritti umani hanno accolto il parere come una vittoria significativa, mentre i funzionari israeliani, incluso il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, lo hanno condannato come politicamente motivato e falso. Il governo israeliano non riconosce la giurisdizione della CIJ in questa questione.
È importante notare che i pareri consultivi della CIJ, pur avendo un peso significativo dal punto di vista legale e morale, non sono vincolanti come le sentenze nei casi contenziosi. Tuttavia, forniscono una chiara indicazione del consenso giuridico internazionale su determinate questioni. In più questa decisione comporta un obbligo preciso: quello di non riconoscere come legale la situazione creata sul territorio e quello di non mandare “aiuti o assistenza” che posso garantire la sopravvienza delle colonie.
Già nel 2004, la CIJ ha emesso un parere consultivo in cui ha dichiarato che la costruzione del muro di separazione da parte di Israele nei territori palestinesi occupati, inclusa Gerusalemme Est, è contraria al diritto internazionale. Questo parere implica anche l’illegalità degli insediamenti israeliani nei territori occupati.