Economia

L’Agroalimentare Italiano, un pilastro da 707 miliardi

Il cibo italiano si conferma la prima ricchezza del Paese, un settore strategico la cui portata economica è emersa in tutta la sua evidenza al ventitreesimo forum dell’agricoltura e dell’alimentazione di Coldiretti a Roma. La filiera agroalimentare nazionale, che abbraccia l’intero ciclo produttivo dai campi alla ristorazione, ha raggiunto un valore complessivo di 707 miliardi di euro. Questa cifra monumentale, paragonabile a venti manovre finanziarie, posiziona di fatto il comparto al vertice dell’economia italiana. I dati elaborati da The European House Ambrosetti mostrano un’eccellenza strutturata: il made in Italy a tavola è un formidabile motore occupazionale che garantisce lavoro a quattro milioni di persone e muove settecentomila imprese agricole.

L’Italia consolida il suo primato nell’Unione Europea. Il Paese detiene il valore aggiunto più elevato, oltre 42 miliardi di euro, e si colloca al primo posto per il valore generato per ogni singolo ettaro di terreno coltivato, con una cifra prossima ai tremila euro, raddoppiando il dato della Francia. La superficie agricola utilizzata è di 12,5 milioni di ettari, pari al quarantadue percento del territorio nazionale, a testimonianza di come quasi la metà dell’Italia sia gestita dagli agricoltori. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha definito l’agricoltura un motore di crescita insostituibile, un comparto strategico da difendere con la massima determinazione in un momento storico delicato, segnato da conflitti geopolitici, guerre commerciali e dagli effetti tangibili dei cambiamenti climatici, fattori che minano la sicurezza alimentare mondiale.

A trainare questi risultati contribuisce l’export, che nei primi sette mesi del 2025 ha raggiunto i 42,5 miliardi di euro, segnando un aumento del sei percento. Tuttavia, questo successo internazionale mostra i primi segnali di affaticamento a causa dell’impatto dei dazi statunitensi. Dopo una crescita media dell’undici percento nel primo trimestre, l’applicazione dei dazi aggiuntivi ha prodotto un brusco rallentamento: dal +1,3% di aprile si è passati a un preoccupante -10% nel mese di luglio. Prandini ha rilevato che la crescita complessiva dell’export italiano si attesta sul tre percento, in ritardo rispetto al mercato globale che cresce al sei percento.

Le criticità internazionali sono state al centro del dibattito. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha sottolineato come la crisi in Medio Oriente incida sulle tavole degli italiani, ribadendo che la pace e la sicurezza sono prerequisiti fondamentali anche per la stabilità del settore primario. Il ministro ha richiamato il valore della sovranità nazionale in agricoltura, presidio di identità culturale e dignità del lavoro, sottolineando che in Europa è necessario difendere con forza il nostro modello produttivo e fare massa critica di fronte alla competizione globale.

Il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, si è appellato al ruolo guida che la politica deve tornare a esercitare, definendo inaccettabile che sette agricoltori su dieci in Europa percepiscano di aver perduto il senso del proprio futuro.

Una visione condivisa dal senatore di Italia Viva, Matteo Renzi, secondo cui il problema principale dell’Europa risiede nella preponderanza della tecnocrazia. Renzi ha affermato che la globalizzazione va governata con visione politica, non subita, e ha auspicato un patto bipartisan a sostegno dell’agricoltura italiana per difendere la Politica Agricola Comune (PAC) a Bruxelles, considerandola una questione di interesse nazionale.

Sul fronte interno, la sfida più immediata è la prossima legge di bilancio. Il presidente Prandini ha portato all’attenzione del governo la cruciale questione del costo dell’energia, che penalizza la competitività italiana rispetto a Francia, Germania e Spagna. La richiesta formale della Coldiretti è di far rientrare l’intera filiera agroalimentare fra i soggetti energivori, riconoscendone il fabbisogno strutturale. Contenere i costi di produzione, ha precisato Prandini, non è solo un risparmio per la filiera, ma una risposta concreta e socialmente responsabile per mantenere prezzi di vendita più accessibili al consumatore finale, contrastando il carovita.

Il futuro del mondo agricolo passa inevitabilmente attraverso un rapporto più stretto e strutturato con il mondo finanziario. Federico Vecchioni, presidente di BF Spa, ha sostenuto che il binomio agricoltura-finanza è un’opportunità irrinunciabile. Le PMI agricole devono compiere un salto culturale verso forme societarie più solide, capaci di attrarre capitale di rischio e sostenere piani di sviluppo.

Sulla stessa linea si è espresso Carlo Cimbri, presidente del gruppo Unipol, secondo il quale la finanza in Italia è stata storicamente percepita solo come debito. Per crescere, è necessario introdurre la logica del capitale di rischio, favorendo il passaggio da imprese individuali e frammentate a imprese societarie con maggiore solidità patrimoniale. L’idea romantica che “piccolo è bello”, ha concluso, non è più economicamente sufficiente per reggere la concorrenza internazionale.

Infine, l’emergenza cronica della risorsa idrica richiede un piano nazionale per gli invasi. Coldiretti chiede da tempo l’aumento della disponibilità di acqua per l’irrigazione. Flavio Cattaneo, amministratore delegato di Enel, ha dichiarato che per sviluppare nuovi bacini è fondamentale risolvere in via prioritaria l’annoso problema delle autorizzazioni, ipotizzando anche l’istituzione di commissari ad hoc per sbloccare la situazione. La filiera agroalimentare italiana, dunque, si presenta come un gigante economico ma anche un ecosistema fragile, che chiede con voce unitaria politiche lungimiranti per proteggere il suo futuro.

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