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Miriam Adelson: quando la pace passa per il potere del denaro

Il 13 ottobre 2025, Donald Trump ha chiesto un applauso per Miriam Adelson alla Knesset, definendola “una donna che ha saputo muovere i fili della pace”. Ma dietro quella frase solenne si nasconde una verità più scomoda: la pace tra Israele e Hamas, almeno nella sua forma più recente, è stata sostenuta non solo da diplomazia e mediazione, ma anche da denaro, influenza e potere privato.

Miriam Adelson, medico e vedova del magnate dei casinò Sheldon Adelson, è oggi una delle donne più ricche del mondo e tra le principali finanziatrici del Partito Repubblicano americano e delle campagne filo-israeliane. La sua voce, da tempo ascoltata ai massimi livelli politici, ha ritrovato forza nel momento in cui Trump — di nuovo in corsa per la Casa Bianca — l’ha pubblicamente ringraziata per il suo ruolo nei negoziati che hanno favorito un cessate il fuoco tra Israele e Hamas e la liberazione di alcuni ostaggi.

Un gesto che, più che riconoscere un atto di umanità, ha messo in luce quanto la diplomazia moderna sia ormai legata ai centri di potere economico. Adelson non è un’inviata ufficiale, né rappresenta un governo. Eppure ha potuto aprire canali di comunicazione diretti con mediatori in Qatar ed Egitto, grazie a una rete costruita nel tempo con donazioni milionarie, sostegni politici e un impero mediatico che abbraccia giornali e fondazioni.

Può un privato — per di più tra i più facoltosi del pianeta — intervenire in un processo di pace che riguarda due popoli in guerra? È la domanda che molti si pongono dopo la scena della Knesset. Perché se da un lato la sua influenza ha prodotto risultati tangibili, dall’altro evidenzia un principio inquietante: la possibilità che la pace diventi una moneta di scambio tra interessi geopolitici e potere economico.

Miriam Adelson non è una figura nuova per chi osserva da vicino i legami tra Washington e Gerusalemme. In passato, insieme al marito, ha finanziato in modo decisivo il trasferimento dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme e il consolidamento dell’asse politico tra Netanyahu e Trump. Oggi, agendo in autonomia, sembra proseguire quella stessa visione: una pace che non nasce dal dialogo multilaterale, ma da equilibri di potere e relazioni personali.

La sua apparizione pubblica alla Knesset, salutata con applausi e sorrisi, ha dunque un valore che va oltre il simbolismo. È il segnale di un mondo in cui il denaro non solo sostiene la politica, ma la indirizza, trasformando la filantropia in una forma di diplomazia parallela.

Che si tratti di idealismo o calcolo strategico, Miriam Adelson rappresenta oggi il confine sottile tra impegno e potere. E la sua parabola dimostra che, nel fragile equilibrio del Medio Oriente, la pace non è mai gratuita — e spesso porta l’impronta di chi può permettersela.

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