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Sicilia: una nuova legge per garantire il diritto all’aborto nei reparti ospedalieri

Approvata la norma regionale che obbliga la presenza di medici non obiettori nelle strutture pubbliche. Un passo deciso per rendere davvero accessibile l’IVG.

La Regione Sicilia ha compiuto un passo storico nella direzione della piena attuazione del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), sancito dalla legge 194 del 1978. Con l’approvazione del disegno di legge n. 738, l’isola interviene in maniera concreta su uno dei principali ostacoli che da anni limitano l’accesso all’aborto: l’altissimo numero di medici obiettori di coscienza.

L’articolo 3 della nuova norma stabilisce che, in tutti gli ospedali pubblici dotati di reparti di ginecologia e ostetricia, devono essere istituite – se non già presenti – aree funzionali dedicate all’IVG. Ma la vera novità è nel personale: queste aree dovranno essere composte esclusivamente da medici non obiettori. E per la prima volta, viene introdotta una clausola risolutiva nei concorsi pubblici: chi verrà assunto come non obiettore e in seguito cambierà posizione, perderà automaticamente il posto.

Questa misura intende dare piena applicazione all’articolo 9 della legge 194, che impone agli enti ospedalieri l’obbligo di garantire gli interventi di interruzione della gravidanza, pur nel rispetto del diritto all’obiezione di coscienza. Ed è proprio in questo delicato equilibrio che la norma siciliana tenta di agire, riconoscendo un problema strutturale che da troppo tempo affligge la Regione: secondo gli ultimi dati, l’81,5% dei medici ginecologi siciliani è obiettore, e quasi la metà delle strutture pubbliche non è in grado di garantire l’accesso alla procedura.

Il disegno di legge rappresenta quindi una presa di posizione chiara, non solo sul piano giuridico, ma anche etico e sociale. L’obiettivo è doppio: tutelare il diritto delle donne a un aborto sicuro e legale, e responsabilizzare le istituzioni affinché questo diritto non resti solo sulla carta.

La norma ha già sollevato reazioni contrastanti: c’è chi la saluta come un atto di civiltà e chi solleva perplessità sul possibile impatto sulle libertà individuali dei medici. Ma una cosa è certa: con questa legge, la Sicilia lancia un messaggio forte al resto d’Italia, dimostrando che è possibile – e doveroso – intervenire quando l’attuazione di una legge nazionale viene di fatto ostacolata da numeri e condizioni inaccettabili.

In un Paese in cui il diritto all’aborto è ancora oggetto di tensioni politiche, culturali e religiose, la scelta della Sicilia potrebbe aprire un nuovo capitolo: uno in cui le Regioni si assumono la responsabilità di garantire davvero i diritti sanciti dalla legge

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