Difficile non averlo mai visto. Due orecchie lunghe, sorriso a tratti inquietante, occhi curiosi e una personalità che sembra uscita da un libro illustrato per bambini… scritto da Tim Burton. Si chiama Labubu, ed è la creatura diventata virale in tutto il mondo, protagonista di migliaia di post, collezioni, mostre e persino file interminabili davanti ai negozi POP MART, il brand che ne ha fatto un fenomeno globale.
Ma come si spiega questa mania collettiva per un pupazzetto che non parla, non recita, e non compare in nessun cartone animato?
Un design che non vuole piacere a tutti
Creato dall’artista hongkonghese Kasing Lung, Labubu è tutto fuorché convenzionale. Non ha la dolcezza stilizzata di un peluche Disney, né la perfezione minimalista dei personaggi giapponesi. Labubu è… strano. E proprio per questo, irresistibile. La sua forza sta nel provocare una reazione, anche contrastante: chi lo ama lo colleziona con passione, chi lo trova inquietante finisce comunque per parlarne. In entrambi i casi, vince lui.
Dall’arte al mercato
Labubu nasce come disegno in un libro illustrato, parte di un universo più ampio chiamato The Monsters, ma è POP MART – azienda cinese specializzata in designer toys – a trasformarlo in una icona da collezione. Le figure vengono vendute in “blind box”, ovvero scatole chiuse in cui non sai cosa stai acquistando fino all’apertura. Una strategia che unisce sorpresa, desiderio, e… dipendenza.
La cultura dell’attesa e del desiderio
Le edizioni sono spesso limitate, alcune rarissime, e ciò ha alimentato una corsa al possesso quasi ossessiva. In rete si trovano video di “unboxing” con milioni di visualizzazioni, gruppi Facebook di scambi, aste e fan art. Labubu non è solo un giocattolo: è un simbolo di status, di gusto, di partecipazione a un’estetica alternativa.
Un mostro che parla al nostro tempo
Forse la chiave del suo successo sta anche qui: in un mondo dove tutto deve essere perfetto, rassicurante e curato, Labubu ci ricorda che la stranezza ha valore. È un piccolo outsider che si è fatto largo con le sue orecchie troppo lunghe e il suo sorriso sgangherato, diventando un emblema per una generazione che non ha paura di essere un po’ diversa.
E domani?
Il fenomeno sembra lontano dal calare. Anzi, si moltiplica in collaborazioni con artisti, versioni stagionali, personaggi affini. Forse un giorno lo vedremo protagonista di un film, o di una linea di moda. O forse no. Forse resterà solo quello che è: un piccolo mostro silenzioso che ci osserva da uno scaffale, ricordandoci che la bellezza può anche essere strana, fragile, e un po’ folle.
E forse è proprio per questo che ne siamo tutti innamorati.